Il cavallo rosso

Il cavallo rosso - edizione romenaIl romanzo di Corti si presenta al lettore come un’occasione affascinante per entrare in modo vivo nella nostra storia di uomini compresi dentro una tradizione cristiana e nello stesso tempo combattuti, ma non vinti, dalla menzogna multiforme dell’ateismo contemporaneo.

Si può vivere senza comprendere ciò che si consume pian piano dentro la storia, così come si può sentire in modo chiaro e vibrante la verità e la prospettiva di ciò che accade e di ciò che appartiene al passato, al presente, al futuro dell’uomo: Eugenio Corti, attraverso il suo instancabile romanzo, porta, dentro una letteratura stanca e troppe volte ripetitiva, la fresca novità di una profonda attenzione e valorizzazione della storia dell’uomo nella storia degli uomini.

Infatti, seguendo passo dopo passo semplici uomini e donne di una terra, come quella brianzola, impregnata di una dimensione fraterna della religiosità, Il cavallo rosso non diventa mai il canto sentimentale di un’oasi felice ma irreale: questa opera, o meglio, questo capolavoro, rappresenta invece il più semplice e impressionante atto di misericordia che uno scrittore abbia potuto compiere nei confronti della storia umana.

Questa misericordia sta tutta nei suoi personaggi, mai irreali, mai deturpati da una finzione ideologica, mai esasperati per un desiderio di manipolazione. Manno, Ambrogio, Michele, Luca, Stefano, Pierello, Colomba, Alma, Fanny sono vivi protagonisti di un mondo reale, che si stagli sullo sfondo sempre più comprensivo di una Brianza ricca di valori e di sentimenti. Corti è capace di crearli veri e concreti, rispettandone fino in fondo ogni semplice caratteristica, proprio perché la sua penna s’intinge ad ogni passo nel tenue inchiostro della misericordia.

E’ la misericordia la vera protagonista di questo appassionato romanzo: è la misericordia di una terra di “parlotti” che accompagna con passione la storia dei propri figli, è la misericordia di famiglie che combattono per essere sempre più, in un mondo diviso, un fulcro di unità, di speranza e di affezione, è la misericordia di una chiesa, anche’essa scossa dalla contraddizione, ma sempre immersa nel dramma umano come segno di una strada insostituibile, e soprattutto è la misericordia di uno scrittore che dalla sua carne ha tratto la costola per realizzare questa sua stupenda creatura e l’ha amata in ogni sua piega.

I suoi personaggi partecipano al dramma del mondo, sconvolto prima dalla seconda guerra mondiale, poi dal difficile periodo del dopoguerra, ma, nonostante questo, e nonostante la loro precaria condizione umana, vivono fino in fondo la lotta per la verità: e così nel burrascoso periodo degli anni ’50-60 e ’70, mentre l’ideologia strisciante porta il suo attacco al cuore dell’uomo e al cuore della famiglia (il romanzo trova infatti il suo epilogo nel 1974, durante la campagna per il referendum sul divorzio), le sue creature soffrono i cedimenti, rinascendo, però continuamente nella speranza, dettata da una fede viva, concreta ed attuale.

Il romanzo, da ultimo, sembra però uccidere questa instancabile passione dell’uomo: Alma, questa donna umile e grande, la cui vita è gioiosa dedizione al suo uomo, Michele, e alla sua coraggiosa lotta contro la menzogna, muore in modo banale, durante l’ultima corsa in auto per andare incontro al marito, rimasto in panne mentre tornava da un dibattito.

Alma muore e cala il sipario, non prima però di aver impresso nel cuore attento del lettore il grande giudizio della misericordia: “non uno di quelli per cui Cristo è morto si perde, Alma cara, non uno…”. E’ di Marietta questa frase gioiosa, che toglie il pungolo amaro dell’inevitabile sconfitta umana, portando nella morte una nuova rinascita e una nuova trama che la misericordia di un Altro ha tessuto e tesse in modo imprevedibile e miracoloso. Così la morte di Alma, redenta dall’atto potente di Dio, si riunisce e si ricomprende nel compito rinnovato del suo sposo, il cui posto è, come dice il suo angelo, “ancora là” … “nel tragico mondo degli uomini”, dove la misericordia, che ha salvato Giustina, Stefano, Ferrante, Foresto…, continua ad operare per rendersi incontro e possibilità di redenzione umana ad ogni uomo.

In questo modo semplice e reale, quindi, Eugenio Corti rivive nei suoi personaggi e nella sua terra la storia degli uomini dal 1940 al 1974, facendo comprendere che l’uomo è l’insostituibile protagonista, non tanto di un romanzo, ma della vita e che sarà sempre più protagonista tanto più apparterrà in modo concreto e quotidiano all’avvenimento in cui si compie la sua redenzione.

Il romanzo di Corti è di facile letture e, pur essendo molto lungo, è avvincente e mai noioso: non si può però leggerlo partendo da schemi precostituiti o da pseudo-attese. Ciò tradirebbe questa bellissima opera, che si propone come una storia per entrare nella quale occorre solo seguire passo dopo passo la sua trama umana, disponibili fino in fondo “a rinnovarsi, trasfigurati, in un’altra trama”. I due figli di Ambrogio sembrano essere come la primizia di questa trama, che affonda le sue radici in questa viva narrazione per proseguire oltre la sconfitta referendaria e oltre la stessa parola fine, con cui Corti sigla il suo romanzo, ma non certo questa storia.

(Gianni Mereghetti, febbraio 1984, Litterae Communionis)